Quali sono le tipiche domande di un colloquio?

Chi più, chi meno, tutti hanno affrontato almeno una volta nella vita il famigerato colloquio di lavoro. Quello che se si conclude con un “le faremo sapere” è un “no” implicito.

Chi ne ha fatti parecchi, però, sa benissimo quali domande spesso vengono fatte. Ma, se sei all’inizio della tua ricerca del lavoro, allora è opportuno che tu legga questa guida.

Perché sei interessato a lavorare in questa azienda?

A questa domanda, cerca di non rispondere come tanti ragazzi fanno. Prima di ogni colloquio, devi informarti sulla tipologia d’azienda e, soprattutto, sulla sua storia. Non devi assolutamente menzionare l’aspetto economico e non ti azzardare a dire, ad esempio, “perché si guadagna tanto” o “sono alla ricerca di un lavoro”.

Anzi, se studi la storia dell’impresa, puoi rispondere con qualche chicca che stupirà sicuramente la persona che hai di fronte. L’azienda lavora in un paesino dell’entroterra? Magari puoi dire che sei stato in quel paesino e l’hai visitato raccontando un aspetto storico.

Ma gli esempi che si possono fare sono davvero tanti. Sta a te sfruttarli al meglio.

Perché hai lasciato i lavori precedenti?

Affrontare un colloquio di lavoro mette sotto pressione la nostra mente ed il nostro corpo e saper gestire le proprie emozioni è fondamentale per superare queste situazioni nel migliore dei modi. Per approfondire il discorso ti consiglio di leggere l’articolo di efficacemente.com (https://www.efficacemente.com/lavoro/colloquio-di-lavoro/).

In Italia non c’è la mentalità americana del cambiare lavoro spesso. Quindi, molte volte, si abbandona l’azienda perché si viene trattati male. O, all’opposto, se davvero la lasci perché trovi di meglio, allora l’attività che hai abbandonato prende il tutto come un ‘tradimento’.

Tu, però, non devi mai menzionare che hai avuto problemi di sorta con qualche collega o con il tuo capo. A questa domanda puoi rispondere in diversi modi: 

  • in primis, perché, magari, era troppo lontano da casa tua e con le spese non ci rientravi.
  • Oppure, sentivi di aver dato tutto e te ne sei andato. Magari dicendo che non l’hai detto all’ultimo ma avevi dato un preavviso di un paio di mesi, in modo da mettere subito in evidenza la tua correttezza.
  • O, ancora, puoi dire che avevi dei problemi che hai risolto. Insomma, ciò che vuoi. Ma non di aver causato dei problemi o aver litigato.

Perché dovremmo scegliere te?

Questa è la domanda che mette in imbarazzo tutti i candidati. È difficile, infatti, autoelogiarsi senza dare l’impressione di essere una persona piena di sé. Quindi bisogna trovare una risposta che sorprenda. Quale sarebbe? Beh, difficile a dirsi, ovviamente.

Perché se parli della tua sincerità e correttezza, ti si potrebbe rispondere con un “ci mancherebbe”. Se parli della tua voglia di fare e di imparare, idem. E allora, quale potrebbe essere la soluzione?

Ad esempio, anche se vuoi dire una cosa banale, spiegala. Esemplificala. Se dici che sei corretto, racconta anche qualcosa di te, di qualcosa che ti è successo al lavoro in cui avresti potuto approfittarne ma non l’hai fatto.

Puoi dire che hai curato un progetto in team e, nonostante tu fossi il front-man, hai preferito che il merito pubblico se lo prendesse tutta la squadra. Ecco, al di là dell’esempio, il succo è che devi sempre motivare la tua risposta.

Quali sono i punti di forza?

Questa domanda può sembrare simile alla precedenza. In realtà non è proprio così. Un conto sono i punti di forza ‘generali’ e, un altro, è dire il motivo per cui bisogna scegliere proprio te. 

Sono due cose simili, che si possono attrarre ma che non si incrociano. Un punto di forza può essere il fatto di essere molto sincero. Per te lo sarà anche, ma magari per l’azienda no.

Proprio qui sta la differenza: il punto di forza può essere anche un qualcosa di soggettivo. Tu pensi che lo sia – e mettiamo che in generale è vero – ma in quel contesto non lo è.

Quindi, presta molta attenzione a ciò che andrai a dire. Tu, ad esempio, potresti ‘targettizzare’ le risposte anche in base alla persona che hai di fronte. Insomma, per superare un colloquio ci vuole una buona dose di intelligenza e un pizzico di furbizia. Quella buona, però. Intesa in senso positivo.